LanServiceON #12. Rivoluzione IoT… a che punto siamo davvero? Quali sono e come si misurano i vantaggi

Una esclusiva e preziosa guida pratica multimediale in compagnia del nostro Riccardo Novarese, system engineer e appassionato di innovazione pura.

Parlare di IoT oggi, in un contesto aziendale, obbliga ad una doverosa premessa. In primo luogo, è opportuno considerare come la Internet of Things, da cui deriva il suo inflazionato acronimo, non rappresenta una tecnologia emergente in senso stretto, ma un ombrello di soluzioni che all’origine si limitava ai sistemi RFID, utilizzati soprattutto nella logistica, e soltanto più recentemente ha visto ampliare i propri orizzonti tecnologici.

Oggi con IoT si intende convenzionalmente qualsiasi dispositivo connesso a un sistema attraverso la pubblica rete internet. In questo ampio novero rientrano, ad esempio, sia sistemi consumer wearable e domestici, dispositivi informatici utilizzati in ambito professionale (notebook, smartphone, tablet ecc.) e sistemi industriali, come la sensoristica sul campo e le interfacce IT-OT.

In ambito enterprise, in particolar modo per quanto riguarda la manifattura, i dispositivi interconnessi costituiscono un elemento fondamentale del paradigma Industria 4.0, che dà corpo alla smart factory, la fabbrica intelligente, in cui la tradizionale catena seriale di operazioni evolve in qualcosa di molto più efficiente, grazie alla capacità di adattarsi in qualsiasi momento al contesto, scegliendo l’operazione ritenuta più vantaggiosa.

Inutile fidarsi di facili promesse e soluzioni chiavi in mano che non prevedono una profonda fase di assessment iniziale. L’IoT è un simposio di tecnologie molto complesso, che richiede competenze molto dettagliate su un ampio range di soluzioni, oltre ad una comprovata esperienza sul campo, indispensabile per trovare la configurazione più idonea per soddisfare ogni esigenza di business.

IoT: un’architettura IT che unisce i punti di forza di edge e cloud computing

LanServiceON #12. Rivoluzione IoT… a che punto siamo davvero? (parte 1)

La grande rivoluzione introdotta dalla Industrial Internet of Things (IIoT), l’internet delle cose industriali, risiede nella capacità di connettere i sistemi periferici con le interfacce di controllo IT centralizzate.

Oltre alla progettazione di nuovi impianti, questo comporta l’esigenza di integrare sensori di ultima generazione ad impianti esistenti, indispensabili per acquisire i dati operativi utili a strutturare la base di conoscenza relativa allo stato della produzione in tempo reale, ai fini di ottimizzarla nella maniera più efficiente, riducendo gli sprechi, i consumi energetici, aumentando contestualmente la produttività.

I vantaggi di un sistema intelligente come la smart factory sono tantissimi. Spaziano dalla capacità di ordinare i materiali utili alla produzione senza rischiare scarsità o eccessi in magazzino, fino all’implementazione di processi di manutenzione predittiva, che consentono di intervenire soltanto quando si profila una situazione di effettiva emergenza, senza inutili sprechi di risorse legati ad interenti non necessari.

A livello IT, quando si tratta di progettare un layout di fabbrica, gli architetti operano combinando le funzioni di due architetture: edge e cloud. L’edge consente di infrastrutturare un sistema IT a bassa latenza, dotato di dispositivi capaci di acquisire ed elaborare i dati alla periferia della rete, ricevendo e trasmettendo in cloud (Iatenze medie ed elevate) soltanto i dati da archiviare a lungo termine o che necessitano di task computazionali troppo gravosi per poter essere svolti in locale.

IoT e connettività: una grande varietà tecnologica per la comunicazione dei sistemi nell’edge

LanServiceON #12. Rivoluzione IoT… a che punto siamo davvero? (parte 2)

La capacità di configure un’infrastruttura IT ibrida implica notevoli complessità dal punto di vista tecnologico, il che rende imprescindibile la consulenza di specialisti dotati di una comprovabile esperienza sul campo.

Per rendersi conto del senso della precedente affermazione, è sufficiente prendere in esame la connettività dei sistemi IoT nelle architetture edge. Ogni esigenza prevede una varietà di soluzioni molto ampia, soprattutto per quanto riguarda i sistemi wireless.

Bisogna saper scegliere tra banda larga, banda stretta, corto raggio, lungo raggio, individuando la configurazione migliore dal punto di vista funzionale, compatibilmente con il budget a disposizione, senza trascurare la scalabilità nel tempo.

L’IoT si applica ormai in tantissimi contesti e consente di acquisire e rendere disponibili i dati attraverso una grandissima varietà di fonti, dal semplice workplace dell’ufficio tradizionale al più remoto sistema oil&gas collocato nell’Oceano.

IoT e sicurezza: un nodo cruciale per la protezione dei dati

LanServiceON #12. Rivoluzione IoT… a che punto siamo davvero? (parte 3)

Quando si parla di IoT, i sistemisti devono necessariamente prendere in considerazione una superficie d’attacco molto ampia, i cui confini sono sempre più sfumati. Il tradizionale concetto di protezione legato al perimetro, nel caso di un sistema IoT, costituisce soltanto una delle moltissime variabili da considerare, anche osservando la complessità delle architetture che le caratterizzano.

Non a caso, nell’ambito della sicurezza informatica ha preso piede una disciplina specifica: la IoT Security. Uno degli aspetti più frequenti, quando si interviene sull’esistente, è di ritrovarsi al cospetto di device IoT progettati con la logica bassa potenza / basso consumo, senza prevedere nativamente le funzioni basilari di sicurezza, come un semplice firewall, ed essendo di fatto sprovvisti della capacità elaborativa per integrarla via software, ammesso che i sistemi operativi installati consentano di farlo.

In questo caso, si interviene spesso configurando dei Gateway IoT, che si collocano tra il device e la rete colmando il gap relativo alle funzioni di sicurezza, operando concettualmente come un layer aggiuntivo.

In ogni caso, garantire la sicurezza di un sistema IoT comporta competenze e tecnolgoie specifiche, come la segmentazione della rete e nell’implementazione di sistemi ad hoc come le DMZ (demilitarized zone) e i NAC (network access control). Tutti aspetti che non si improvvisano.

 

IoT e aziende: il livello di consapevolezza attuale

Per valutare quale sia l’attuale livello di consapevolezza delle aziende italiane nei confronti dell’IoT abbiamo chiamato in casua un talento puro come il nostro Riccardo Novarese, system engineer, un professionista impegnato ogni giorno per progettare e sviluppare i sistemi IT delle imprese che stanno affrontando un vero percorso di trasformazione digitale: “Tutte le aziende – esordisce Novarese – sanno che IoT vuol dire Internet Of Things, ovvero portare Internet nelle cose che nativamente non sono connesse alla rete. Tuttavia, pochi hanno le idee chiare su cosa voglia effettivamente dire e come questo possa generare valore per il business”.

Tra gli errori più comuni, Novarese rileva che: “Molto spesso si vuole partire con progetti mastodontici che nascono senza una visione pratica e completa dello stato delle cose e degli obiettivi da raggiungere. Ad esempio, tutti ormai sono consapevoli dei vantaggi che comporta implementare un sistema per raccogliere informazioni dalle macchine di produzione. Ma non esiste una soluzione nota a priori. Occorre confrontarsi con un system integrator realmente competente in materia, che conosce le tecnologie e sappia valutare ogni aspetto contestuale per suggerire la soluzione più vantaggiosa per lo specifico caso aziendale”.

Un altro aspetto ricorrente risiede nella gestione dei dati. Le aziende devono diventare data driven: “Una volta implementato un sistema IoT – analizza Novarese – posso ritrovarmi con miliardi di dati; a questo punto vedo che spesso ci si concentra su statistiche molto coreografiche per illustrare al management quanto raccolto. In realtà, sarebbe opportuno concentrarsi sull’analisi dei dati, prima che sulla loro rappresentazione, per comprendere come generare valore aggiunto grazie ai dati acquisiti. Questo dovrebbe essere il vero obiettivo dell’IoT. Grazie all’analisi dei dati possiamo ad esempio identificare i problemi ed ottimizzare la produzione. Non basta semplicemente raccogliere i dati”.

Come implementare l’IoT in azienda: partire dalle cose più semplici

Dopo aver delineato gli obiettivi dell’IoT in ambito enterprise, Riccardo Novarese entra nel merito dell’implementazione, per aiutare le aziende a comprendere come valorizzare i dati a loro disposizione: “Suggerisco un metodo basato sulla massima resa e sul minimo sforzo, per ottenere in breve tempo buoni risultati, facilmente tangibili, sulla base di un effort minimale”.

Secondo Novarese, la soluzione sarebbe quella di partire da esigenze molto pratiche e comuni in azienda, come l’efficientamento energetico, ancor prima di pensare ai processi di produzione in senso stretto: “A mio parere l’efficientamento energetico è una cosa molto semplice da implementare grazie all’IoT, e fornisce risultati certi in tempi molto, molto brevi. Vorrei fare un esempio pratico: le macchinette del caffè. Tutte le aziende ne hanno almeno una in dotazione, Sono sempre accese, giorno e notte. Ma che motivo c’è di sprecare energia per alimentarle quando in ufficio non c’è nessuno? Se iniziassimo a spegnere i dispositivi elettronici quando il loro impiego non si rivela necessario, potremmo far risparmiare alle aziende migliaia di KWh all’anno, senza fare praticamente nulla”.

Per ridurre drasticamente i consumi energetici in azienda, è sufficiente installare dei sensori/attuatori IoT capaci di disattivare l’alimentazione o attivare un sistema di stand-by in determinati orari o quando non viene rilevato alcun traffico di persone: “Se questa filosofia, oltre alla macchina da caffè – spiega Novarese – la applicassimo alle stampanti, agli impianti di climatizzazione ed a tutto il resto, vi lascio facilmente immaginare il ritorno dell’investimento”.

Secondo l’esperienza sul campo di Riccardo Novarese, dopo aver appreso i concetti base dell’IoT attraverso operazioni così semplici ed intuitive, le aziende sarebbero molto più pronte ad estendere queste metodologie anche nel contesto produttivo vero e proprio.

IoT e intelligenza artificiale: il connubio vincente per valorizzare i dati, grazie alla personalizzazione delle applicazioni

Riccardo Novarese pone l’enfasi su un aspetto imprescindibile: “Per fare IoT occorre sporcarsi le mani. È la frase che ho sentito pronunciare dal docente di uno dei tanti corsi in materia che ho frequentato negli ultimi anni. E mi riferisco al fatto che non esistono soluzioni pronte e preconfezionate. Dobbiamo pensare l’IoT come se dovessimo confezionare un abito sartoriale, cucito su misura sulla base delle esigenze del cliente”.

Per comprendere al meglio il concetto, Novarese utilizza un altro esempio molto pratico: “Un buon metro di paragone potrebbe essere il gioco del LEGO: abbiamo tanti mattoncini diversi per forma e colore, e sta a noi unirli per costruire, tra i tanti possibili, quello di cui il cliente necessita. Si tratta di fare integrazione di sistemi. Adesso sono cambiati i mattoncini, ma lo scopo resta lo stesso: mettere insieme vari elementi per ottenere il risultato richiesto. Una volta facevamo parlare tra di loro i server Novell con quelli Windows e gli AS/400; oggi facciamo parlare i sensori 4/20mA coi broker MQTT e coi sistemi FIBARO. Ma il nostro obiettivo rimane lo stesso”.

Per gestire una quantità e una varietà crescente di dati, l’IoT entra in sinergia con altre tecnologie emergenti, in particolare Big Data e intelligenza artificiale. Secondo Novarese infatti: “In questo ambito l’analisi e la correlazione dei dati diventa impossibile per un essere umano. Il lavoro sporco a cui mi riferivo deve essere svolto dall’intelligenza artificiale”.

La AI comporta tuttavia molti dubbi, timori e perplessità in merito alla privacy dei dati. Novarese sottolinea come esistano soluzioni per operare in totale sicurezza: “Innanzitutto, vediamo di “dare un volto” all’AI. Questo volto non è l’ologramma parlante dell’immaginario del cinema e della letteratura di fantascienza di cinquant’anni fa. Oggi parliamo di funzionalità avanzate integrate in prodotti di uso comune. Un esempio di utilizzo dell’AI è quello delle telecamere utilizzabili nei luoghi di lavoro. Si tratta di trovare un equilibrio nelle esigenze e di adottare la soluzione tecnologica più indicata per soddisfarlo. Un caso ricorrente è trovare il punto d’incontro tra le esigenze di privacy dei lavoratori durante l’esecuzione delle loro mansioni, e quelle del datore di lavoro che deve cautelarsi a livello di security e di safety, ovvero protezione dei beni e sicurezza dei lavoratori”.

Anziché demonizzare a priori la AI, occorre conoscere la tecnologia e soprattutto saperla applicare in maniera corretta e conforme alle normative vigenti: “Le telecamere – spiega Novarese – possono eseguire in tempo reale l’identificazione della sagoma delle persone presenti nell’inquadratura, e la pixellano per impedirne il riconoscimento. Il contenuto viene anonimizzato, sia sul live che sul registrato. Questo accorgimento non impedisce a chi ne ha l’autorità, come le forze dell’ordine o l’ispettorato del lavoro, di poter rimuovere la pixellatura e visionare i filmati in chiaro. Tale funzione può essere invece preclusa al datore di lavoro”.

Secondo Novarese non esiste un progetto IoT uguale all’altro: “La prima cosa che cerco di trasmettere ai nostri clienti è che l’IoT non è qualcosa che si compra su Amazon, ma una tecnologia straordinariamente potente che va configurata caso per caso, a partire da un’analisi accurata delle esigenze e degli obiettivi di business di ciascuna organizzazione”.

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